Manifesto

1. Il Design è Traduzione.

Lo è da sempre, nel profondo delle sue pratiche, dei suoi metodi e delle sue teorie; così come il principio traduttivo è alla radice delle culture del progetto. Il Design è Traduzione perché, nei propri processi progettuali, rivela molteplici passaggi traduttivi: da funzioni a forme, da contenuti a espressione, da linguaggio a linguaggio, da tecnica a tecnica, da supporto a supporto…

2. Design Studies e Translation Studies convergono tra loro.

Il cultural turn nei Translation Studies ha reso il principio traduttivo un sistema aperto, ampliandone il valore paradigmatico. Di conseguenza si sono moltiplicati anche i punti di contatto con il Design, rendendo convergenza ciò che era contiguità. Progettare e tradurre si trovano così costantemente accomunati in un analogo principio performativo.

3. Con la Traduzione il Design si apre ad altri mondi.

Assumendo il punto di vista traduttivo, il Design rafforza un’attitudine alla consapevolezza nei confronti della cultura propria e della cultura degli altri, accentuando la vocazione metaculturale che gli appartiene. Procede così in senso contrario all’appiattimento linguistico-culturale, ai monolinguismi, alle monoculture, al pensiero unico e agli stili imposti.

4. Come la Traduzione, il Design è mediazione.

Insieme alla Traduzione, anche il Design è educazione alla differenza. Procede per opzioni e passaggi di culture, lavora per la tolleranza e l’inclusione. Il Design interpreta e trasferisce adeguando i passaggi di contesto, facilitando e rendendo vicino ciò che è inarrivabile. Il designer opera come mediatore tra culture, competenze, tecniche, linguaggi.

5. Il Design si alimenta di una propria sensibilità traduttiva.

Il Design è traduzione quando si fa sensibile ai mutamenti, alle esigenze degli utenti, alle scelte d’innovazione, alla continua evoluzione degli artefatti. Il punto di vista traduttivo suggerisce nuove vie e nuovi metodi alla prassi del progetto quando sa individuare particolari nodi traduttivi e su di essi fa leva per soluzioni inedite.

6. Come la Traduzione, il Design lavora sui confini delle discipline.

Li attraversa e apre dialoghi tra diversi linguaggi e tra diversi saperi. Con la traduzione interdisciplinare coinvolge campi come la semiotica, l’antropologia digitale, gli studi sui mass media, la percettologia. Il valore euristico della relazione tra design e traduzione favorisce un ulteriore posizionamento del Design nel sistema dei saperi e conferma il suo apporto alla costruzione di saperi complessi.

7. Con la Traduzione il Design rafforza la propria vocazione critica e riflessiva.

Individua e rende palesi elementi teorici e metodologici già presenti nello statuto della cultura del progetto e impliciti nella prassi progettuale. Adotta ulteriori filtri analitici per la ricerca destinata a diversi ambiti applicativi. Rafforza la natura critica e autoriflessiva della cultura del progetto che sa mettere in discussione sia le proprie convenzioni sia gli stereotipi diffusi.

8. Il punto di vista traduttivo partecipa alla dimensione etica del Design.

Arricchendo il processo progettuale di questa costante sensibilità parallela, che è poi la sostanza etica della traduzione, il Design accresce la prospettiva che lo vede, a ogni passaggio, attento a princìpi di sostenibilità, di compatibilità ambientale o di trasparenza, dentro un orizzonte dove l’innovazione si accompagna alla trasformazione sociale.

9. Il Design è traduttivo nell’accesso ai contenuti, ai prodotti, agli spazi.

Il Design traccia soglie e facilita passaggi nel superamento di barriere materiali e immateriali. Assume in sé il principio di ospitalità e dell’ospitalità fa un proprio stile. Risponde non solo a una strategia di estensione alle diverse utenze, di declinazione per il mercato transnazionale o transmediale, ma il suo programma traduttivo è una costante umanizzazione dei contenuti e delle cose.

10. Dalle Culture del Design e dalle Culture della Traduzione nasce un’attitudine di profilo.

La sensibilità traduttiva modifica e arricchisce il profilo del progettista, mettendone in luce una faccia nascosta. Si rafforza, di conseguenza, una particolare istanza formativa che prefigura uno specifico piano delle competenze e suggerisce un punto di vista per strategie, strumenti, sperimentazioni nell’iter formativo del designer.

11. Design è Traduzione nell’area del Design della comunicazione.

Qui, più che altrove, si aprono esplorazioni in ambiti ad alta sensibilità traduttiva che interessano la traduzione visiva, la traduzione digitale, la traduzione artefattuale: come il campo editoriale e quello della transmedialità, il campo delle sinestesie e quello della comunicazione di genere, il campo della traduzione cartografica e quello dell’elaborazione dei segni grafici.

DeT 1.0 è un documento aperto a future articolazioni.

Intende sottolineare il valore euristico della relazione tra design e traduzione e il conseguente apporto alla costruzione di saperi complessi; vuole essere un ulteriore contributo al posizionamento del design all’interno del sistema dei saperi. Riconosce il ruolo del progettista come mediatore, la sua sensibilità trasversale, indicando così, sul piano delle competenze, un’attitudine di profilo.

Vuole sostenere la natura riflessiva della cultura del progetto, individuando e rendendo palesi nodi teorici e metodologici impliciti nello statuto e nella progettazione degli artefatti, suggerendo filtri analitici per la ricerca in diversi ambiti applicativi.

Promuove la natura critica della cultura del progetto: rafforza il piano dell’autoriflessività del progettista, individuando e rendendo palesi nodi teorici e metodologici impliciti del processo progettuale. Investe, infine, anche la questione formativa, suggerendo strategie e possibili strumenti per l’iter formativo del designer.